Ricerca e sviluppo

Dal 2017 Erica si occupa di ricerca, in particolare di trovare tecnologie per abbattere gli inquinanti emergenti nel percolato di discarica.

Erica ha conseguito tre brevetti per le diverse applicazioni della tecnologia PFAS Remover.

Nel suo percorso di ricerca ha collaborato con Università, Enti, organizzato convegni e partecipato a giornate di studio e confronto sull’inquinamento da PFAS.

Ha inoltre investito in prima persona in approfondimenti bibliografici, percorsi di studio e sperimentazioni di laboratorio, realizzando anche un impianto pilota con cui ha condotto delle sperimentazioni presso due diversi impianti di depurazione, potendo così ottimizzare la tecnologia Pfas Remover.

I PFAS nei percolati di discarica​

I PFAS sono composti estremamente resistenti alla degradazione e sono presenti in molte matrici ambientali in tutto il mondo.

La struttura chimica conferisce loro una notevole stabilità ed inerzia termica, chimi­ca e biologica, oltre a proprietà idro e oleofobiche. Grazie a queste caratteristiche, tali molecole sono state utilizzate in una vasta gamma di applicazioni industriali e commerciali fin dagli anni ’50.

I prodotti di consumo usati e smaltiti in discarica sono soggetti a reazioni chi­miche e processi di degradazione che portano a rilasciare i PFAS nei percolati.
La gestione dei percolati di discarica riveste un’importanza prioritaria nel contesto dello smaltimento dei rifiuti, sia per via dei grandi quantitativi prodotti, sia per l’ele­vato numero di discariche (attive o dismesse), sia perché la gestione delle discariche ‘post-mortem’ è fissata per legge in tempi molto lunghi (circa 30 anni).

Quindi anche se questi composti venissero eliminati dalle produzioni, di fatto rimar­rebbe la necessità della loro gestione per decenni. 
Non va inoltre trascurata la gran­de problematica relativa ai fanghi: negli impianti di depurazione che trattano per­colati di discarica, i PFAS si accumulano anche nei fanghi, con le gravi conseguenze che ne possono derivare.

Il progetto ricerca

II principio che ha guidato il progetto di ricerca è quello
dell’approccio al trattamento dei PFAS all’interno degli
impianti di depurazione; questo per evidenti motivi che si
possono riassumere come segue:

pfas
Pfas

La sperimentazione

La sperimentazione è stata svolta seguendo un approccio metodologico, attraverso i seguenti passaggi:

La tecnologia PFAS Remover

La tecnologia PFAS Remover si basa sulla combinazione
di 2 tipologie di carboni attivi di diversa natura e porosità,
fatti lavorare in 2 coppie di colonne di adsorbimento
poste in serie fra loro e progettate per lavorare con sistemi
alternati di interscambio.

A monte dei carboni attivi è sempre presente una filtrazione a sabbia a maggior tutela dei carboni e può essere presente una stazione di preparazione e dosaggio di un
coagulante se il percolato in ingresso è particolarmente ricco di sostanze organiche colloidali che potrebbero ridurre le capacità di adsorbimento del carbone attivo.
La combinazione di carboni attivi di diversa natura e porosità fa sì che le diverse tipologie di PFAS vengano adsorbite dai carboni anche in presenza di matrici organiche importanti,
come nel caso dei percolati di discarica.

L’adsorbimento su carboni attivi è una tecnologia già nota e sperimentata su molti micro-inquinanti, incluse le sostanze perfluorurate, anche se ad oggi è comunemente applicata soltanto ad acque a basso contenuto di organico (acque di falda, acque potabili, acque depurate); questa caratteristica, unita alla sua applicabilità a grandi volumi così come a volumi ridotti e alla semplicità di gestione, rendono la tecnologia particolarmente idonea al trattamento dei percolati di discarica presso gli impianti centralizzati di depurazione e trattamento rifiuti liquidi.

Gli aspetti fondamentali

La soluzione del PFAS Remover è stata determinata da due aspetti fondamentali:

SOSTENIBILITÀ ECONOMICA​

Costituisce grande valore aggiunto della tecnologia la possibilità di riattivare il carbone esausto, eliminando in tal modo definitivamente i composti adsorbiti. L’utilizzo dei carboni attivi è di tipo “circolare” infatti questi ultimi, arrivati a fine ciclo, vengono avviati a riattivazione in forno per poter essere successivamente riutilizzati nell’impianto stesso integrando soltanto la parte che si perde durante ogni processo di riattivazione (10-15% della massa totale).

Inoltre, in termini di LCA (Life Cycle Assessment) cioè di sostenibilità ambientale dell’intero ciclo, costituisce un elemento importante il bassissimo consumo energetico dell’impianto, soprattutto considerando gli ingenti volumi in gioco. Infine, quando installata a monte dell’impianto biologico a fanghi attivi, la tecnologia salvaguarda anche i fanghi biologici dalla presenza di microinquinanti in generale e PFAS in particolare, evitando ulteriore diffusione dei PFAS nell’ambiente.

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

II mercato dei percolati è di fatto un mercato ‘povero’, che non potrebbe sostenere un incremento dei costi superiore a qualche euro a tonnellata; la tecnologia a carboni attivi consente un efficace trattamento con costi sostenibili e contenuti investimenti iniziali.